Le cause della Prima Guerra Mondiale e la situazione generale dell'Europa
Fra il 1914 e il 1918
una guerra tremenda dilagò in tutta Europa: fu chiamata Grande Guerra o guerra
mondiale, poiché interessò quasi tutte le nazioni del mondo.
Sarajevo è una
importante città della Bosnia, una regione che nel 1914 era controllata
dell’Impero austriaco ed era percorsa da fremiti nazionalisti legati alla
volontà di sfuggire al dominio imperiale. I Balcani erano da anni in grande
fermento perché erano divisi sotto ogni profilo e subivano la pressione
politica di due “grandi”: da un lato l’Austria e dall’altro la Russia. Nel
corso di una visita nella regione, l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al
trono d’Austria venne assassinato in un attentato; a sparare era stato un
giovane serbo-bosniaco, Gavrilo Princip, studente e membro di una società
segreta nazionalista serba. Gli storici riconoscono in questo atto terroristico
solo una causa scatenante della guerra, per la quale ravvisano ragioni ben più complesse
e profonde: era il 28 giugno 1914.
Fin dal 1870 l’attesa
della guerra era palpabile e la preparazione militare era preoccupazione
quotidiana nelle cancellerie. Non si trattava però di un’attesa rassegnata o
preoccupata: prevalevano anzi i toni nazionalisti e al momento dello scoppio
effettivo del conflitto si ebbero manifestazioni di entusiasmo nelle piazze
europee, e moltissimi furono coloro che partirono volontari. Ma tutti, dai
semplici cittadini agli Stati Maggiori e ai governi, avevano in mente le guerre
Ottocentesche, risolte in poche battaglie campali, con rapidissimi movimenti di
truppe resi possibili dalle nuove tecnologie. Nessuno si aspettava quel che di
fatto accadde: per quattro lunghi anni si combatté una guerra di posizione, una
guerra di trincea, in cui si sparava e si moriva ogni giorno.
Nel 1870 la Francia e
la Germania si erano scontrate in modo estremamente duro e la Francia ne era
uscita sconfitta e soprattutto umiliata. Nel 1871 l’Alsazia e la Lorena erano
passate alla Germania e una delle ragioni della volontà francese di guerra era
la ferma determinazione di rientrarne in possesso. La Germania, che stava
diventando sempre più nazionalista, doveva essere messa nelle condizioni di
condurre quella che si chiamò Weltpolitick,
una “politica mondiale”. Ciò implicava però due cose: la presenza tedesca
nelle aree coloniali ormai saldamente nelle mani degli altri Paesi europei e lo
sviluppo di una flotta mercantile in grado di realizzare tali ambizioni.
I Russi puntavano da
secoli al controllo dei Balcani, in particolare contro l’impero Ottomano
avevano combattuto molte guerre nell’Ottocento. L’Austria era quindi entrata in
collisione con la Russia e la storia degli ultimi due decenni aveva visto una
dura contrapposizione tra i due Paesi, che miravano a espandersi negli stessi
territori. Accanto ai motivi di ostilità tra le grandi potenze vi erano poi una
lunga serie di tensioni secondarie; nel complesso, però, si stava profilando un
addensamento di linee di tensione su determinate aree che finirono per rendere
la guerra assai più vasta.
A fianco delle cause
politiche che determinarono l’esplosione della guerra mondiale, vi sono poi
anche ragioni economiche. Molti storici sono portati a pensare che alla base
del conflitto vi siano stati proprio interessi di questo tipo. Ciò aveva
portato a inevitabili conflitti tra le potenze europee per le colonie, per il
livello dei dazi, per il controllo dei mercati delle materie prime. Il
capitalismo stava diventando monopolistico, o almeno vi erano forti tendenze in
quella direzione. La guerra mondiale è stata quindi vista come l’ esito
militare di un conflitto economico.
Già ai primi di marzo
del 1915, iniziano le prese di posizione formali dell’Italia nei confronti
degli imperi centrali. Il barone Sidney Sonnino, ministro degli esteri,
protesta verso Vienna e quasi contemporaneamente inizia le trattative
diplomatiche con l’Intesa. Vienna si mostra disposta a cedere buona parte dei
territori richiesti dall’Italia pur di non doversi scontrare con l’ex alleato.
Il dissidio si apre sul fatto che le cessioni, secondo l’Austria dovrebbero
avvenire a guerra conclusa, ma il barone Sonnino non accetta. Le rivendicazioni
italiane si rivolgono alle isole del Dodecaneso, alla Dalmazia, a Trieste, e si
spingono fino a Bolzano e ai territori ladini. Ad aprile la diplomazia
austriaca fa ulteriori passi in avanti nelle offerte all’Italia, ma ciò non
basta, ed a Londra si firma il patto segreto col quale l’Italia si impegna ad
entrare in guerra entro un mese. Il vento irredentista spazza le piazze
d’Italia dagli ultimi residui di neutralismo e di pacifismo: i tempi sono ormai
maturi ed il 24 maggio, rompendo l’improvvisa neutralità, l’Italia scende in
guerra.
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